Continua la raccolta fondi per aiutare le persone che hanno perso tutto durante le alluvioni in Perù. I bambini e le famiglie sostenute con i progetti di Dokita sono in salvo.
Le forti piogge che hanno devastato il Perù nelle scorse settimane sono finite ma l’emergenza continua. Secondo i dati ufficiali del Centro de operaciones de emergencia national, 90 persone hanno perso la vita, mentre 860mila hanno subito danni alle proprie abitazioni. Il bilancio finale conta più di 14mila case distrutte, 40 scuole e 13 centri sanitari cancellati. Sono state danneggiate le fognature e le infrastrutture per l’erogazione di acqua e energia elettrica. La rete viaria è distrutta per un’estensione di oltre 16mila chilometri e questo rende ancora difficili gli spostamenti. Le famiglie che vivono lungo i fiumi straripati sono state le più colpite: attualmente sono costrette a dormire all’aperto senza poter accedere all’acqua potabile. Il rischio è che si possano diffondere epidemie ed infezioni
Dokita ha deciso di avviare una raccolta fondi straordinaria per aiutare la popolazione. La nostra cooperante Angela Castañeda Ponce ha visitato le aree colpite per portare immediati aiuti. Tutti i bambini e le famiglie sostenute tramite il sostegno a distanza e il progetto S.O.S. Niños stanno bene e sono in salvo. Dokita sta inoltre collaborando con il COIPE (Organizzazione delle ONG italiane in Perù) per coinvolgere tutte le ONG italiane presenti nel paese, coordinare un intervento organico ed avviare un piano di emergenza.
Continuano incessanti le piogge che dal 31 gennaio stanno colpendo il Perù, causando inondazioni e provocando danni di proporzioni colossali.
Aumenta il numero delle persone colpite e delle strutture danneggiate: i dati ufficiali rilasciati da OCHA (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) il 20 marzo dichiarano che sono oltre 627 mila le persone colpite, tra cui 75 morti e 263 feriti. Fino ad oggi circa 10 mila case sono state distrutte e 12 mila sono inagibili, 85 scuole e 24 ospedali fortemente danneggiati.
L’emergenza, però, non sta riguardando soltanto i forti rovesci che hanno ingrossati i fiumi ma anche l’acqua potabile, difficile da reperire, per sta nascendo il rischio che si propaghino infezioni ed epidemie.
Tra i paesi confinanti con il Perù è partita una corsa alla solidarietà: Cile, Colombia, Ecuador e Paraguay stanno inviando i primi aiuti umanitari, tra cui cibo, acqua e altri beni di prima necessità (kit alimentari, da bagno, coperte ecc.).
In questa situazione di emergenza, Dokita ha deciso di aumentare il suo impegno nei confronti della popolazione peruviana con una raccolta fondi straordinaria. Rimaniamo costantemente in contatto con la cooperante locale Angela Castañeda Ponce, la quale sta visitando le aree colpite per portare immediati aiuti. Tutti i bambini e le famiglie sostenute tramite il sostegno a distanza e il progetto S.O.S. Niños sono in salvo, nonostante sia ancora difficile valutare l’entità dei danni alle strutture. Dokita sta inoltre collaborando con il COIPE (Organizzazione delle ONG italiane in Perù) per coinvolgere tutte le ONG italiane presenti nel paese, coordinare un intervento organico ed avviare un piano di emergenza.
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Dopo le forti alluvioni che hanno colpito il Perù, Dokita ha deciso di avviare una raccolta fondi a sostegno della popolazione.
Oltre 75 morti, 800 città colpite e 100mila sfollati: è il bilancio delle devastanti alluvioni che hanno interessato il Perù in queste settimane. Dokita, presente nella zona di Santa Eulalia e nel distretto di Chosica con il progetto S.O.S. Niños e con il sostegno a distanza di 52 bambini , ha deciso di avviare una raccolta fondi straordinaria per aiutare la popolazione.
La situazione in Perù.
Le piogge hanno interessato maggiormente la costa settentrionale del Paese. Almeno 600 mila persone hanno subito danni, molte zone sono isolate da giorni e senza acqua corrente. Anche un nostro collaboratore ha perso la casa. La cooperante locale Angela Castañeda Ponce sta cercando di visitare le aree colpite per portare immediati aiuti. Dokita sta inoltre collaborando con il COIPE (Organizzazione delle ONG italiane in Perù) per coordinare un intervento organico ed avviare un piano di emergenza coinvolgendo tutte le ONG italiane presenti nel paese.
La raccolta fondi.
In questa situazione di emergenza, Dokita aumenta il suo impegno in Perù con una raccolta fondi straordinaria. L’associazione da anni porta avanti un programma di sostegno all’infanzia che mira ad assicurare il diritto all’istruzione e l’accesso ad un’alimentazione sana per i bambini della Valle di Santa Eulalia. Inoltre, promuove il sostegno a distanza dei minori nei villaggi più poveri della zona di Chosica. Dokita è in continuo contatto con i cooperanti che portano avanti i nostri progetti di assistenza e nei prossimi giorni continueremo a fornire aggiornamenti sulla situazione.
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Dokita si unisce all’appello rivolto alle istituzioni da parte di diverse associazioni per chiedere l’immediata approvazione in Parlamento della legge sui minori non accompagnati.
Dopo un iter legislativo di tre anni, la prima legge che tutela i minori stranieri non accompagnati è giunta a un punto di svolta. A fine febbraio il testo, a firma Pd, è passato al Senato, ma ora è tornato nuovamente alla Camera dei Deputati per l’approvazione definitiva.
Il rischio di un nuovo stallo.
Dokita si unisce all’appello rivolto ai capigruppo e ai presidenti di Camera e Senato da numerose organizzazioni che si occupano di minori (Actionaid Italia, Ai.Bi. Amici dei Bambini, Amnesty International Sezione Italiana, Caritas italiana, Centro Astalli, Consiglio Italiano per i Rifugiati, Cnca, Comitato italiano per l’Unicef, Comunità di Sant’ Egidio, Emergency, Oxfam Italia, Save the Children Italia, Terre des Hommes Italia) per evitare un nuovo stallo.
Secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, nel 2016 i minori non accompagnati arrivati nel nostro Paese sono stati oltre 26mila, il doppio rispetto al 2015. Dokita esorta le istituzioni ad approvare quanto prima la legge. Ogni ulteriori attesa espone il minore non accompagnato al rischio di cadere nella rete dello sfruttamento e delle organizzazioni criminali.
Cosa prevede la legge.
La proposta di legge n.1658 è stata presentata per la priva volta nel 2013 e ha l’obiettivo di ridisegnare l’accoglienza e la tutela per i minori stranieri che arrivano soli nel nostro Paese. Il testo sancisce il divieto di respingimento; prevede la permanenza di 30 giorni in strutture destinate ai minori, dove entro dieci giorni saranno identificati con una procedura identica in tutta Italia
Uno dei capisaldi della legge è l’affidamento di ogni minore ad un tutor personale. Verrà creato un albo per i tutor volontari a cui potranno iscriversi privati cittadini, selezionati e adeguatamente formati, da parte dei garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza. Si istituisce, inoltre, un Sistema informativo nazionale dei minori non accompagnati presso il Ministero del lavoro e si rafforzano alcuni diritti quali l’assistenza sanitaria e i percorsi formativi e didattici. Inoltre, ci saranno specifiche tutele per i minori vittime di tratta e veranno promossi accordi bilaterali e programmi con i Paesi di origine e partenza.
Dokita, da sempre a fianco delle persone più bisognose, esprime soddisfazione per l’approvazione del Piano Nazionale per il contrasto alla povertà.
Finalmente l’Italia ha approvato una legge per il contrasto alla povertà. Questa mattina il Senato ha dato il via libera al cosiddetto Rei, il Reddito di inclusione. Dokita, da sempre a fianco degli ultimi e dei più bisognosi, non può che essere soddisfatta per una legge che mira ad eliminare le disuguaglianze nella nostra società. Il nostro Paese, infatti, era l’unico Stato in Europa a non avere uno strumento universale contro l’indigenza. Un “passo storico”, l’ha definito il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti, “che colma un vuoto annoso nel sistema italiano di protezione degli individui a basso reddito”. Ecco cosa prevede la legge.
Quali sono le novità della legge?
La legge delega approvata al Senato prevede l’introduzione del Reddito di inclusione, il riordino delle prestazioni di natura assistenziale finalizzate al contrasto alla povertà, delle misure a sostegno della genitorialità e per i disabili e gli invalidi.
A chi è rivolto il Reddito di inclusione?
È rivolto a tutti i cittadini italiani e stranieri residenti in Italia che hanno non superano un certo livello di reddito e che sono disposti a seguire programmi di inserimento lavorativo. L’obiettivo è quello di fare uscire dalla povertà i 4,6 milioni di persone che in Italia, secondo l’Istat, sono in una condizione di indigenza assoluta. Con il Rei saranno aiutati circa 250-300mila famiglie, fino a 1,5 milioni di persone e 500mila minori. In totale saranno stanziati un miliardo e 150 milioni nel 2017, a cui vanno aggiunti i fondi non spesi lo scorso anno, per un totale di circa 1,6 miliardi.
Cosa prevede il piano di contrasto alla povertà?
Con il Piano nazionale al contrasto alla povertà lo Stato si impegna a prendere in carico il singolo o la famiglia in difficoltà attraverso l’attivazione di servizi sul territorio di residenza, l’inserimento al lavoro e la cura delle eventuali necessità soci-sanitarie. Sono previsti anche accordi con gli enti locali e con le associazioni del Terzo settore per contrastare la povertà.
Quanti soldi riceveranno le persone in difficoltà?
Le persone in condizione di miseria assoluta riceveranno da un minimo di 552 euro al mese a un massimo di 819 euro. Una famiglia di 4 persone potrà avere al mese fino a 1.534 euro. In questa prima fase, però, viste le risorse stanziate, il contributo sarà ridotto intorno a un massimo di 480 euro al mese per nucleo familiare.
Quando entrerà effettivamente in funzione?
Il Governo ha sei mesi di tempo per approvare i decreti attuativi. Tra settembre e l’inizio del 2018 il Rei sarà, dunque, operativo.
Nella Fattoria Sociale Montepacini 18 richiedenti asilo lavorano insieme a 16 ragazzi con disabilità intellettiva e motoria. Il terremoto del centro Italia aveva causato gravi danni alla struttura, ma grazie ai fondi di Dokita, la Fattoria Sociale ha potuto proseguire le sue attività.
Sono arrivati in Italia scappando da guerre, carestie e povertà. Hanno chiesto asilo al nostro Paese, ma oggi sono loro ad offrire sostegno ai sedici ragazzi con disabilità intellettiva e motoria delle Fattoria Sociale Montepacini di Fermo. Armati di pala e zappa, diciotto richiedenti asilo dello Sprar e del Cas (centro di accoglienza straoridinaria) del Comune lavorano ogni giorno i 13 ettari di terra, messi a disposizione dalla cooperativa La Talea e dalla onlus La Fattoria Sociale. Una storia di amicizia e accoglienza reciproca: i migranti hanno la possibilità di dare un contributo concreto all’intera comunità e, allo stesso tempo, riscoprono il calore e la gioia di far parte di una piccola famiglia. Michele, Vanessa e gli altri ragazzi ospiti del centro sono riusciti a restituire un senso di appartenenza a chi ha lasciato per sempre la propria patria.
Dopo il terremoto che ha devastato il centro Italia, Dokita si è immediatamente attivata per avviare una raccolta fondi da destinare all’assistenza delle persone con disabilità ospitate nel centro socio-educativo e riabilitativo della Fattoria Sociale Montepacini. Grazie al denaro raccolto, la struttura ha potuto proseguire le sue attività e ad accogliere anche due giovani disabili provenienti da Visso.
“Il progetto ha l’obiettivo di inserire i richiedenti asilo, che hanno dai 18 ai 40 anni, in un percorso formativo sull’agricoltura sociale”, spiega Marco Marchetti, portavoce della Fattoria Sociale. Insieme ai ragazzi con disabilità, i migranti lavorano la terra, potano gli alberi, fanno lavori di manutenzione e si dedicano all’orto. Tra poco torneranno ad occuparsi degli animali che hanno dovuto dare via dopo che il terremoto ha distrutto i loro ricoveri. “I migranti hanno costruito una recinzione per le galline e presto inaugureremo anche uno spazio per accogliere i cavalli e somari”.
Partecipano anche a laboratori musicale, di cucina e sul cioccolato. “I richiedenti asilo cucinano spesso per noi: i risultati non sempre apprezzati da tutti, ma è momento di condivisione e di convivialità a cui nessuno vuole rinunciare”. Ma non solo. “Abbiamo creato una squadra di calcio, la Soccer Dream Montepacini. Tre ragazzi, provenienti da Gambia, Costa D’Avorio e Niger, sono diventati un punto di riferimento per tutti i nostri calciatori. La loro sensibilità permette ai nostri ragazzi con disabilità di esprimersi al meglio anche sotto il profilo sportivo. Noi non facciamo un campionato speciale per disabili, le squadre che affrontiamo sono formate da normodotati: per questo i nostri successi valgono doppio”.
Con la visita ufficiale del Presidente Mattarella nel 2016, l’Italia aveva preso l’impegno di rafforzare il partenariato economico con il Camerun. Dal 12 al 16 febbraio 2017 il Vice ministro degli Affari Esteri, Mario Gino, ha compiuto un nuovo viaggio a Youndè, in occasione del lancio del programma umanitario italiano nel lago Ciad, confermando la volontà del nostro paese di rispondere prontamente alla crisi umanitaria che sta colpendo il Camerun.
In questo momento storico, infatti, soprattutto l’area nord del Camerun e il Lago Ciad stanno affrontando una grave emergenza umanitaria causata dall’avanzamento del gruppo terroristico Boko Haram. Secondo L’Onu sono circa 21 milioni le persone colpite da violenze. E’ una situazione molto complessa dove più di 150mila nigeriani si sono rifugiati in Camerun, Ciad e Niger, mentre circa l’ 80% degli sfollati interni sono stati accolti dalla popolazione locale in piccoli villaggi, dove però la povertà è molto diffusa (fonte: Vita.it).
L’interesse dimostrato dall’Italia in questi ultimi anni nei confronti dell’Africa è concreto. Circa 70 imprese italiane, interessate ad investire nel paese, incontreranno i rappresentanti del Governo e gli imprenditori locali per promuovere la partnership tra i due paesi. La presenza del Vice ministro in queste aree rappresenta la volontà del nostro paese di voler contribuire per la ripresa sociale ed economica del Camerun attraverso un partenariato con gli attori locali.
Durante la sua visita, il Vice Ministro, ha inoltre incontrato tutte le principali ONG italiane operanti in Camerun in una assemblea dove ha partecipato anche Dokita Onlus con i suoi rappresentati: Padre Sergio Ianeselli, missionario storico della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, e Pantaleo Rizzo, project officer di Dokita in Camerun.
Si è concluso a Dicembre 2016 il progetto di erogazione di servizi socio-educativi per disabili presso il Foyer Père Monti a Ebolowa.
Il Centro, presente in Camerun dal 1984, si occupa di minori con disabilità nelle funzioni della voce, uditive, visive e dell’apparato motorio. I minori ospitati, circa 100, hanno un’età compresa fra i 4 e 17 anni. L’obiettivo del Centro è di favorire l’integrazione socio-economica dei minori con disabilità uditiva e motoria, attraverso servizi educativi e riabilitativi specializzati.
Il Foyer rappresenta ormai un importante punto di riferimento per la popolazione e per le istituzioni locali e le attività portate avanti da Dokita durante il 2016 hanno migliorato e ampliato i servizi già erogati sul territorio e ciò ha conferito ulteriore sostenibilità alla struttura.
I principali RISULTATI ottenuti durante l’anno 2015/16 sono stati:
- Assistenza a 100 minori con disabilità uditiva e motoria con servizi educativi e socio-sanitari.
- Erogazione di 5 corsi tecnici e professionalizzanti per 100 minori con disabilità auditiva e motoria.
Le ATTIVITA’ condotte a sostegno dei 100 minori con disabilità sono state:
- Istruzione scolastica e formazione nel linguaggio dei segni, garantita da un direttore dell’insegnamento e da 7 insegnanti.
- Distribuzione di 3 pasti giornalieri, grazie all’assunzione di una cuoca per il centro e all’acquisto di un’auto per il trasporto degli alimenti.
- Accoglienza residenziale con 100 posti letti, ognuno dei quali dotato di un materasso con rivestimento impermeabile, 2 lenzuola ed una zanzariera.
- Servizi di rieducazione uditiva e di riabilitazione motoria. Un esperto in audiometria ed un fisioterapista hanno condotto le loro attività per un periodo di 10 mesi (Novembre 2015-Settembre 2016) che stanno continuando anche per l’anno scolastico 2016-17.
- Realizzazione di corsi di sartoria, avicoltura, muratura, calzoleria e piscicoltura. Tutte le attività sono state svolte con livelli di formazione diversa, in base all’età e alle classe dei bambini. Per la realizzazione dei corso sono stati acquistati: 20 macchine da cucire, cassette per gli attrezzi e grembiuli per ogni bambino (per il corso di sartoria); cassette per gli attrezzi e materiale tecnico per l’allevamento di 400 pulcini (per il corso di avicoltura); cassette per gli attrezzi e sacchi di cemento per la fabbricazione di mattoni in terra, cemento e sabbia (per il corso di muratura); cassette per gli attrezzi e materiale tecnico per la realizzazione di sandali (per il corso di calzoleria); cassette per gli attrezzi, materiale tecnico e 6 vasche per l’allevamento di pesci (per il corso di piscicoltura).
Nel 2016 il Ministero degli Affari Sociali ha classificato il Centro in seconda posizione nella massima categoria (categoria A), subito dopo l’Associazione Promhandicam di Yaoundé, sostenuta anch’essa dai frati della CFIC e specializzata per i malvedenti.
Infine, per il delegato regionale degli affari sociali, questo programma contribuisce a raggiungere uno degli obiettivi maggiori del Ministero degli Affari Sociali, cioé quello dell’integrazione socio-economica delle popolazioni socialmente vulnerabili di cui fanno parte i minori disabili.
REPORTAGE FOTOGRAFICO DEL PROGETTO
Da Ottobre a Dicembre 2016 Dokita è riuscita a raccogliere l’importo necessario per avviare il progetto a supporto della Fattoria Sociale di Montepacini, Centro Socio Educativo Riabilitativo diurno per giovani/adulti disabili. In questa struttura i ragazzi ospiti vengono seguiti da personale specializzato nel loro percorso di fisioterapia e/o di riabilitazione e hanno la possibilità di vivere e sperimentare esperienze costruttive a contatto con la natura e gli animali (pet therapy, onodidattica, ippoterapia, animali della fattoria) in modo da promuovere l’agricoltura sociale per l’inclusione di minori e giovani adulti disabili.
Dopo il sisma che ha colpito il centro Italia, la Fattoria ha subito ingenti danni strutturali che hanno limitato le attività riabilitative dei ragazzi ospiti. Dokita, in collaborazione con il Forum Nazionale dell’Agricoltura Sociale, ha attivato una raccolta fondi finalizzata:
- All’acquisto di attrezzature sostitutive per far ripartire le consuete attività riabilitative, in particolare la ristrutturazione del’antico forno a legna e delle stallette degli animali.
- All’ampliamento dei consueti laboratori riabilitative e ludico-ricreativi per offrire accoglienza alle persone vittime del sisma, in particolare ai bambini e disabili.
I beneficiari della campagna sono:
- 16 ragazzi con disabilità seguiti quotidianamente dagli operatori della fattoria sociale
- circa 100 ragazzi con diverse forme di disagio inseriti in attività stagionali
- circa 30 bambini sfollati nel territorio circostante provenienti dalle zone colpite dal sisma. Per loro saranno realizzate, d’accordo con il Comune di Fermo, attività di accoglienza pomeridiana con attività ludico-ricreative e didattiche.
Nel mese di Febbraio 2017 i primi lavori di ristrutturazione avranno inizio, consentendo nel più breve tempo possibile la ripresa e l’ampliamento delle attività del Centro. Dokita, nei limiti delle proprie possibilità, ha deciso di dare un contributo concreto, seppur circoscritto, a chi sta vivendo dei momenti di difficoltà causati dalla tragedia del sisma. Se vuoi aiutarci, visita la pagina dedicata al progetto.
A partire dal 2017 Dokita avvierà un progetto di collaborazione in Kenya con la ONG locale WOFAK, che da oltre 20 anni opera attivamente per la prevenzione, supporto ed integrazione delle donne affette da HIV.
Abbiamo intervistato la sua fondatrice e direttrice esecutiva, Dorothy O. Onyango, la cui storia è un brillante esempio di forza, coraggio e successo in un paese in cui ancora oggi le donne sieropositive vivono in una condizione di subordinazione, vulnerabilità ed emarginazione.
- Sappiamo che ti è stato diagnosticato il virus dell’HIV nel 1990 e ti avevano dato 6 mesi di vita. Nel 2016 sei ancora qui, in forma e a capo di WOFAK. Cosa ti ha dato maggiormente la forza di reagire ed andare avanti?
Si, mi hanno diagnosticato il virus dell’HIV nel 1990, ma potrei esser stata contagiata anche molto prima. Non è stato un percorso semplice, soprattutto perché lo stigma era molto forte in Kenya ed in quel periodo il governo riempì la città di grandi cartelloni che mostravano l’aspetto di persone sieropositive. Erano ritratti come scheletri coperti da pelle, senza carne. E’ cosi che pensavo sarei diventata, prima o poi.
Nel 1992 mi venne presentata la prima persona che in Kenya affrontò questo argomento e fortunatamente mi informò che ci sarebbe presto stata una conferenza internazionale in Olanda ed una pre-conferenza dove avrebbero partecipato donne affette da HIV provenienti da tutto il mondo e mi invitò a partecipare. Credevo avrei incontrato miserabili donne, malate e con un aspetto scheletrico. Per fortuna non fu così, poiché le donne in Europa potevano giù usufruire di cure adeguate e si erano organizzate fondando dei gruppi di supporto dove condividere e affrontare i loro problemi insieme.
Eravamo 54 donne provenienti da tutto il mondo. Del gruppo di 24 donne provenienti dall’Africa, siamo sopravvissute soltanto in 3 a causa di una un sistema sanitario e di supporto molto scarso, un forte stigma ed isolamento. È qui che ho trovato la mia forza, vedendo donne con la mia stessa malattia, in salute e serene. Ci sono chiaramente anche stati momenti in cui abbiamo versato lacrime ascoltando le storie di alcune donne che raccontavano cosa stavano affrontando all’interno delle loro famiglie e comunità. Questo sta ad indicare l’importanza del supporto psicologico e della condivisione. Ora sono nonna di 2 bambini, i miei 3 figli sono cresciuti e mi sento ancora molto forte invecchiando serenamente con l’HIV.
- Quale pensi sia lo strumento più adeguato da fornire alle donne in Kenya per uscire dal loro stato di subordinazione e discriminazione?
Credo che lo strumento più appropriato che possa esser dato alle donne in Kenya sia l’indipendenza economica, poiché la maggior parte delle donne sieropositive hanno un stipendio basso o nullo e così non hanno sufficienti mezzi di sostentamento per prendersi cura delle loro vite. Queste donne hanno bisogno di soldi per nutrire i loro bambini, alcune nonne si prendono cura di bambini orfani le cui madri sono decedute a causa del virus ed hanno bisogno di supporto, di cibo e l’unico modo per fornirglielo è finanziandole e permettere loro di iniziare piccole attività economiche e diventare indipendenti.
Inoltre, è fondamentale organizzare gruppi di supporto psicologico in modo che possano essere adeguatamente informate su come poter vivere la loro vita serenamente ed attivamente anche con il virus (ad esempio proseguire gli studi per le giovani ragazze) e su l’importanza di seguire le cure mediche.
Infine bisogna puntare sul rafforzamento delle capacità delle donne di intraprendere ruoli di leadership sia a livello della loro comunità sia ad un livello politico. Questo permetterebbe loro di combattere per i loro diritti.
- Tra le tante difficoltà che sicuramente incontrerete quotidianamente nel vostro lavoro, quale ritieni sia la più ardua?
Il più grande ostacolo che sono costretta ad affrontare ogni giorno a lavoro è la disinformazione, ancora altamente diffusa in Kenya. Spesso incontro malati che non vogliono accettare il loro status da HIV positivo ed ancora credono che il virus sia il risultato di stregoneria o di pratiche rituali e magiche e di conseguenza rifiutano di farsi curare. Ci sono anche persone che non vogliono rivelare di aver contratto il virus al loro partner, aumentando così quindi il rischio di poterlo contagiare.
- Quale pensi possa essere il modo più adeguato e rispettoso per una persona italiana/occidentale che volesse fornire il proprio aiuto alle donne del Kenya e/o alla vostra organizzazione?
Credo che il modo più appropriato per sostenere WOFAK e la nostra causa sia attraverso un supporto economico che psicologico, attraverso gruppi di supporto che permettono di conoscere ed entrare a far parte della nostra associazione.
- Ci racconti una storia di uno dei tanti beneficiari che hai incontrato in questi 20 anni a cui sei particolarmente legata?
I beneficiare della nostra associazioni sono molti ma vorrei raccontarvi la storia di Rebecca Awiti. Appena le fu diagnosticato il virus dell’HIV nel 2002 perse la speranza aspettando solo il giorno della sua morte. Visse per molto tempo in uno stato di rifiuto, isolandosi dai suoi amici e dalla sua famiglia pensando che avrebbero riconosciuto la sua malattia soltanto guardandola. Si rivolse poi ad un centro di aiuto, il quale le consigliò il gruppo di supporto WOFAK. Entrò così a far parte della nostra famiglia, dove incontrò una consulente sociale che descrisse come una persona gentile, bella ed in salute che condivise con lei il suo status da HIV positiva e fu in questo momento che nacque in lei la prospettiva di una rinascita.
Ho incontrato Rebecca personalmente poiché fu interessata ad aiutare altre donne malate e quando WOFAK fu fondata decisi di assumerla come assistente. Dimostrò di avere grandi capacità lavorative e fu così promossa diventando coordinatrice di campo.
Rebecca fu supportata ed informata, le vennero date tutte gli strumenti di cui aveva bisogno per restare in salute ed essere produttiva. Grazie alle informazioni ricevute da WOFAK , decise di diventare mamma e questo avvenne proprio quando il programma di Prevenzione di Trasmissione Madre-Figlio (PMTCT) venne introdotto in Kenya. La introdussi ad una organizzazione con cui noi lavoriamo, chiamata NARESA, che le fornì un supporto specifico durante la gravidanza. Rebecca seguì diligentemente tutti i trattamenti ed appuntamenti di visita e mise alla luce 4 bambini, solo uno dei quali decedette a causa del virus. Gli altri 3, due bimbe ed un bimbo, sono HIV negativi e seguono ora le scuole medie.
Rebecca è una donna che guardo come un esempio e su cui misuro il mio lavoro ed impegno. Quando mi venne chiesto di nominare una donna che aveva seguito il percorso di cura PMTCT con i migliori risultati, nominai proprio lei. Venne selezionata e viaggiò a New York per partecipare e tenere un discorso al World AIDS Day, durante il quale il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, fu ospite commentando i progressi nella riduzione della trasmissione madre-figlio del virus HIV in molti paesi del mondo.
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