Ieri, mercoledì 13 aprile, si è svolto a Napoli il Convegno “Il Sostegno a Distanza nella Cooperazione tra i Popoli del Mediterraneo”, evento conclusivo del progetto “Reti di sostegno a distanza costruiscono comunità solidali che rigenerano welfare”. L’evento è stato promosso dalla rete nazionale Forumsad Onlus (coordinamento di associazioni che operano a favore del Sostegno a Distanza), di cui Dokita fa parte.
Tra i tanti relatori, sono intervenuti, Mario Giro, Viceministro MAECI con delega alla cooperazione internazionale e il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. Al centro del dibattito, lo strumento del SaD – Sostegno a Distanza – espressione di una solidarietà internazionale che unisce chi sostiene e chi è sostenuto, in un legame reciproco che genera benessere comune.
Una bellissima giornata di condivisone di buone pratiche, di quanto è stato fatto ma sopratutto di quanto ancora si deve fare, in vista di una società al tempo stesso globale e locale, più equa e solidale.
Il 16 e il 17 aprile rispettivamente a Banahao e a Bagua, nel municipio di Guiuan, nelle Filippine, si sono svolte due giornate di simulazione del rischio di catastrofe ambientale,a conclusione del corso di formazione teorico-pratico specifico sulla prevenzione e riduzione del rischio.
Alla simulazione hanno partecipato tutti i membri delle comunità, dai bambini agli anziani, in un clima sereno e gioioso, senza però dimenticare l’importanza di assimilare delle regole ben precise da poter successivamente mettere in pratica nei momenti di emergenza. Tra i tanti, alla simulazione, hanno partecipato Alfonso Cilento, Coordinatore dell’Ufficio Progetti di Dokita e Davide Bonechi, responsabile dei progetti di Cooperazione di Dokita nelle Filippine.
Le attività svolte fanno parte del Progetto che Dokita sta portando avanti, anche grazie al contributo della Cooperazione Italiana allo Sviluppo, allo scopo di contribuire alla riduzione della vulnerabilità in caso di disastri naturali delle comunità di Bagua e Banahao.
Per tale ragione, si stanno coinvolgendo tutti gli abitanti delle due comunità in corsi di formazione e giornate di simulazione, al fine di preparare la popolazione a rispondere con prontezza a future catastrofi ambientali. Inoltre, il Progetto si sta occupando anche dell’aumento della resilienza delle infrastrutture. A tale scopo sarà riabilitata una scuola a Bagua, resa inagibile dal passaggio del Tifone Hayan e si sta portando a termine lacostruzione di un Centro polifunzionale a Banahao che fungerà da scuola e da centro di evacuazione, nelle situazioni di emergenza.
Sono ormai più di due anni che Dokita è impegnata in prima linea nelle Filippine, per offrire un sostegno integrale alla popolazione locale, già colpita dal tifone Hayian nel novembre del 2013, garantendo cure, cibo, accoglienza, e strumenti per rilanciare le attività produttive locali. Clicca qui per sapere di più sul progetto.
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Un’ulteriore opportunità per gli stranieri che partecipano ai nostri corsi gratuiti di italiano, che al termine del corso potranno ricevere un’attestazione del livello di conoscenza della lingua italiana riconosciuta dal Ministero dell’Interno e necessaria per l’ottenimento del permesso di soggiorno di lungo periodo (“carta di soggiorno”).
Inoltre, il 20 aprile Dokita ha partecipato ad un incontro sul tema “Scuole aperte al territorio. Pratiche di inclusione di studenti e genitori stranieri”, in cui è emersa la necessità di creare un coordinamento forte tra scuole, associazioni di volontariato ed enti pubblici che porti alla creazione di un sistema di pratiche condivise e scambio in grado diaffrontare con efficacia i principali problemi delle seconde generazioni migranti:l’ostacolo linguistico e la socialità dei bambini fuori e dentro la scuola.
Accogliere chi vive in uno stato di necessità e dolore è un dono e noi vogliamo custodirlo al meglio, offrendo il massimo della qualità e della competenza nei servizi che eroghiamo.
Quando parliamo delle “sette sorelle” ci riferiamo ad altrettante multinazionali del petrolio che dominano la scena mondiale dell’energia. In ambito cristiano sono conosciute le “sette chiese” che nel libro biblico dell’ Apocalisse sono destinatarie di lettere audaci che non lasciano spazio a tiepide interpretazioni.
Raccontiamo qui, invece, il caso di sette-chiese-sorelle che il 15 maggio il vescovo Lauro Tisi proclamerà “unità pastorale”: sono le parrocchie di Cles, Tassullo, Tuenno, Nanno, Pavillo, Rallo e Mechel.
Si tratta di una rivoluzione pastorale che, in tempi di profondi cambiamenti a tutti i livelli, non suscita poi tanto scalpore. Del resto, tre di quei comuni, effettuata la fusione, in questi giorni votano per un unico sindaco. Ogni passaggio, anche sul piano ecclesiale, esige scelte forti che segnano la strada e dei gesti che generano una visione comune. Proprio con l’avvio ufficiale della nuova unità pastorale le sette-chiese-sorelle hanno unito i loro sforzi a favore di una nuova parrocchia di Lagos (Nigeria), città che oggi ha venti milioni di abitanti, ma che saranno il doppio nel 2050. Serve poco sforzo per immaginare i problemi urbanistici, sociali, educativi e sanitari di una metropoli del genere.
Visitando la parrocchia pochi mesi fa, ho constatato le sfide che stanno davanti ad una comunità che muove i primi passi in un quartiere periferico, abitato da immigrati provenienti da altre regioni del più popoloso paese africano. Il quale, si sa, attraversa una grave crisi sia per la presenza degli islamisti di Boko Haram che nel nord terrorizzano i villaggi sia per il venir meno, a sud, dei profitti dal principale settore produttivo, il petrolio. Come abbiamo ormai imparato, se l’emigrazione interna non produce gli attesi benefici, il passo verso l’emigrazione in Europa è breve. In una simile situazione si deve fare quanto proclamano in tanti, ma forse fanno in pochi: realizzare sul posto opere capaci di aggregare le persone e generare sviluppo, anche con l’obiettivo di limitare questo crescente esodo. Che per molte ragazze è addirittura una vera e propria tratta. Facendo tesoro della storia pastorale trentina – le parrocchie in tempo di crisi e di emigrazione promossero gli “asili infantili” – abbiamo dato la nostra disponibilità alla parrocchia di Lagos per sostenere l’istituzione di una scuola materna vicino alla chiesa.Col doppio effetto di aiutare i bambini e di affiancare le famiglie in una fase così delicata della loro vita.
Il Consiglio Pastorale, facendosi portavoce dell’intera “Unità pastorale Santo Spirito” (dal nome dell’antico lago lambito dai confini delle parrocchie nonese) ha manifestato la volontà di appoggiare l’iniziativa, primo gesto di carità di una comunità cristiana che vuole così “benedire” il futuro cammino insieme. Nell’anno del Giubileo della Misericordia quest’opera rappresenta una risposta all’invito di papa Francesco a lasciare un segno che rimanga come testimonianza. Anche se non sarà in Val di Non, esso resterà in Nigeria nella parrocchia dedicata proprio a “Nostra Signora Madre di Misericordia” a perenne memoria di una fraternità che non ha confini.
La realizzazione sarà resa possibile da un’azione congiunta con l’organizzazione Dokita, già presente in Nigeria a fianco della Congregazione di Padre Monti che ha la cura pastorale della parrocchia africana, con particolare attenzione per i malati e i ragazzi più bisognosi.
Mani sporche
Il 2016 si apre per Dokita con interessanti novità sul fronte della progettazione in Italia. È già da diversi anni che l’associazione sta ragionando sul tipo di impegno che essa deve assumere nella società in tema di immigrazione e asilo, alla luce della propria mission basata sui valori del volontariato, della cooperazione, della solidarietà, della tolleranza, della pace e del rispetto delle diversità.
Sicuramente, il lavoro di sensibilizzazione e informazione che Dokita svolge attraverso i propri mezzi di comunicazione (in primis, con la rubrica che state leggendo) si inserisce in una visione più ampia per la quale si vuole contribuire a realizzare una società inclusiva e non esclusiva, una società aperta e attenta alle persone più fragili e vulnerabili e non chiusa su se stessa e ignorante rispetto ai drammi umanitari che la circondano e spesso la attraversano, una società certamente attenta al bene comune e alla sicurezza di tutti, nessuno escluso. Vogliamo, però, non limitare il nostro impegno a un approfondimento culturale e a uno stimolo intellettuale, ma vogliamo anche poterci sporcare le mani. Vogliamo provare, come associazione, a seguire le continue esortazioni che ci vengono da Papa Francesco che sin dall’inizio del suo pontificato (ricordiamo la prima visita pastorale sull’isola di Lampedusa nel 2013) non si stanca mai di sottolineare l’importanza di accogliere migranti e rifugiati, di chinarsi su chi è in difficoltà e di sporcarsi le mani, guardando negli occhi di coloro che chiedono giustizia.
Avevamo già dedicato questa rubrica a un approfondimento sul tema dello sfruttamento lavorativo dei migranti nell’Agro Pontino e siamo contenti di comunicarvi che dal mese di gennaio 2016, Dokita è concretamente impegnata nella realizzazione del microprogetto dal titolo IM-Formati. Conoscere per sconfiggere lo sfruttamento lavorativo dei migranti nel territorio della Provincia di Latina finanziato dal Centro Servizi per il Volontariato (CESV-SPES) nell’ambito del bando Socialmente 2. Il progetto ha come sede di realizzazione gli Sportelli Legali Immigrati di Terracina, Latina e Fondi in partenariato con l’Associazione Progetto Diritti, la Caritas Diocesana di Latina, l’Associazione Articolo Ventiquattro di Fondi e la Cooperativa PARSEC di Roma.
Obiettivo generale del progetto è quello di promuovere la tutela dei diritti sociali dei lavoratori stranieri nel territorio della Provincia di Latina. Si ritiene, infatti, che a perpetuare un sistema di sfruttamento dei lavoratori migranti basato su condizioni di irregolarità e su comportamenti discriminatori, siano principalmente: la scarsa consapevolezza dei lavoratori migranti dei propri diritti sociali e delle possibilità di tutela degli stessi, la mancanza di una rete territoriale fra servizi pubblici e privati sul tema dell’immigrazione, nonché la mancanza di conoscenza e la scarsa sensibilizzazione sul fenomeno dello sfruttamento lavorativo dei migranti da parte sia dei soggetti sociali, pubblici e privati, che della cittadinanza. Il progetto intende quindi intervenire al fine di modificare un sistema di sfruttamento ormai collaudato, agendo sia in favore dei lavoratori stessi con servizi di assistenza e consulenza legale, sia in favore dei soggetti pubblici e privati interessati al fenomeno migratorio, predisponendo una raccolta dati e un’analisi circostanziata dello sfruttamento lavorativo degli stranieri nel territorio, nonché, infine, coinvolgendo la cittadinanza e le autorità locali attraverso momenti pubblici di approfondimento, scambio e dibattito. Il progetto, nello specifico, si articolerà su tre azioni:
- Consulenza legale gratuita per n. 50 immigrati. Per garantire la tutela dei diritti dei lavoratori stranieri vittime di sfruttamento, si intende favorire la fruizione di servizi di consulenza legale gratuita, di accompagnamento e di assistenza legale.
- Raccolta dati e realizzazione di un report. Approfondiremo, attraverso la compilazione di questionari somministrati a ca. 50 immigrati, la conoscenza quali-quantitativa del fenomeno dello sfruttamento lavorativo dei migranti per produrre un report descrittivo del fenomeno e sensibilizzare la cittadinanza.
- Sensibilizzazione e diffusione risultati. Coinvolgeremo le autorità locali, le associazioni e la cittadinanza in una conferenza finale di approfondimento e dibattito sul tema dello sfruttamento lavorativo dei migranti al fine di creare consapevolezza e contribuire, così, a costruire le condizioni per una maggiore integrazione sociale ed economica dei lavoratori stranieri. Nel corso della conferenza saranno diffusi i dati raccolti nel report descrittivo prodotto.
Concludiamo questa rubrica con una ulteriore riflessione sull’invito a “sporcarsi le mani”. Il Giubileo, come ci ricorda Papa Francesco, ci regala un tempo di grazia, in cui guardare a “quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito a causa dell’indifferenza”, e riscoprire l’attualità delle opere di misericordia così da costruire nuove strade e aprire nuove “porte” di giustizia e di solidarietà, vincendo “la barriera dell’indifferenza”. Dokita si sente in questo chiamata ad agire e intende iniziare a riflettere nel medio periodo su percorsi innovativi e positivi di accoglienza ai migranti richiedenti protezione internazionale nelle realtà territoriali in cui è attiva, mettendo a servizio di questa emergenza nazionale la propria esperienza nell’accoglienza e nel servizio agli ultimi, le proprie competenze tecniche nella progettazione sociale e, non ultimo, i propri valori.
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