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Festa di primavera al Dokita!

Sabato 25 maggio, presso la sede del Dokita si tenuto un incontro tra volontari, operatori e simpatizzanti per ritrovarci insieme a condividere un aperitivo, trascorre qualche ora insieme tra meratino e torneo di burraco “solidali”.

Lo scorso sabato 25 maggio, un bel numero di volontari, di famiglie, di amici e di “vicini di casa” si è ritrovato presso la sede del Dokita a Roma, per una piccola festa di primavera. È stata l’occasione ideale per presentare le attività di Dokita agli abitanti del quartiere dove è sita la nostra sede. Tra stand di prodotti artigianali, canti, torneo di burraco, giochi e quattro chiacchiere con tanti amici, abbiamo trascorso un bel pomeriggio in amicizia, condividendo ancora una volta lo spirito di solidarietà che ci lega e immaginando nuove sfide per portare un aiuto concreto a chi ne ha bisogno.

 

Universitari volontari servono la cena ai senzatetto di Roma

Un gruppo di giovani universitari proveniente dall’Albania, accompagnato dal cappellano dell’Università, Padre Paschal Mgbeadichie, sacerdote dei Figi dell’Immacolata Concezione, ha compiuto il pellegrinaggio alla Tomba di Pietro durante la Settimana Santa, prendendo parte alle solenni celebrazioni del Triduo pasquale. Accompagnati da P. Jorge Romero, presidente del Dokita, il gruppo ha potuto celebrare la santa messa presso la cappella che si trova vicino alla tomba di San Pietro.

In questo contesto si inserisce la vicenda di un piccolo gruppo di quattro giovani, proveniente dagli Stati Uniti, Richard, Ryan, Jack ed Emil, che nei giorni di preparazione alla Pasqua ha voluto riservare mezza giornata per aiutare le Suore di Madre Teresa di Calcutta a preparare e servire la cena ai senzatetto, lungo le strade di Roma. Ed è così che proprio accanto alle Mura Vaticane, insieme alle Suore, i giovani volontari del Dokita hanno offerto da mangiare a circa 60 persone bisognose.

Questo è il vero spirito di Dokita: soccorrere i più bisognosi. Essere parte di Dokita è un impegno che nasce dal cuore. Significa esprimere la fede nel Risorto con un amore attivo e concreto verso i bisognosi. Grazie Richard, Ryan, Jack ed Emil per la vostra testimonianza di impegno e per il vostro coraggio!

Un orto per la scuola FOUA2

Il lavoro di Dokita in Senegal, iniziato nel 2016, non è mai finito. Nel corso degli anni abbiamo attuato – grazie all’aiuto della Caritas Italiana e della Presidenza del Consiglio dei Ministri – una serie di progetti finalizzati al miglioramento dell’offerta formativa attraverso i quali è stata realizzata una biblioteca e sono stati rinnovati gli arredi scolastici. Anche attraverso il sostegno dei donatori del Dokita siamo riusciti a mantenere attivo giornalmente il servizio della mensa scolastica grazie anche al progetto “Un orto per la scuola ‘Foua 2’: sistemi di agricoltura integrata per l’autosufficienza alimentare e lo sviluppo locale nella comunità di Ngueniene – Senegal” .

Il progetto è stato realizzato all’interno della scuola elementare FOUA 2, nella comunità rurale di Nguéniène (comune di M’bour, regione di Thiès). Con questo intervento stiamo dotando la scuola degli strumenti e delle necessarie conoscenze per avviare un’attività di orticultura e di allevamento avicolo, con il duplice scopo di garantire il soddisfacimento dei bisogni nutrizionali degli allievi e, in parte, delle famiglie. Rendendo la scuola autosufficiente dal punto di vista alimentare, desideriamo contribuire, nel lungo termine, all’autonomia alimentare della comunità locale. L’idea del progetto è quella di far ruotare le attività attorno alla preparazione a uso agricolo del terreno posseduto dalla scuola. Abbiamo l’obiettivo di garantire una sufficiente produttività delle colture, l’autosufficienza alimentare e al tempo stesso offrire agli studenti percorsi di sensibilizzazione all’agricoltura e alla buona alimentazione, offrendo una formazione specifica sui temi dell’agricoltura e dell’avicoltura ai genitori. Il coinvolgimento di componenti della comunità diviene è importante per ottenere un avvicendamento nella gestione del terreno, necessario ad assicurare la sua corretta sostenibilità. Nel lungo termine, la formazione pratica e teorica farà sì che, tramite l’acquisizione di competenze da parte delle famiglie dedite all’agricoltura, ogni nucleo familiare giunga all’autosufficienza alimentare.

Come ci conferma di frequente la nostra cooperante Priscilla Di Marco, lo staff locale e i collaboratori del Dokita sono molto affiatati e riescono sempre a trovare spazio, anche nei momenti più carichi di lavoro, per occasioni di ritrovo e di svago dedicati alle relazioni interpersonali. La forza per fare tutto questo arriva agli Operatori dall’aiuto donato dai sostenitori che continuano a credere in loro, arriva dai sorrisi e dalla gioia dei ragazzi che ricevono questo aiuto e non dimenticano di ringraziare ogni giorno per l’opportunità di cambiamento che insieme, operatori e donatori, riusciamo a dare loro.

Per questo chiediamo a tutti, sensibilizzati dall’appello di chi, come Priscilla, opera in Senegal: continuate a sostenerci e a seguirci. Insieme stiamo cambiando il futuro di questi ragazzi e delle loro famiglie.

Insieme a questo appello, Priscilla e i ragazzi della Scuola ci mandano il loro affettuoso saluto dal Senegal.

 

 

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James e la sua scuola

Abbiamo scelto di raccontare la storia di James, ma potevamo scegliere la storia di un qualsiasi altro dei circa 900 ragazzi che studiano alla St. Mary’s High School.

Sono storie diverse, ma accomunate dalla povertà delle famiglie e dal loro desiderio di offrire un futuro più dignitoso ai loro figli. È lo stesso desiderio di ogni genitore di ogni latitudine e di ogni area geografica del mondo, animato dall’amore per i propri figli.

James viveva con la sua umile famiglia in un remoto villaggio in Andhra Pradesh. Purtroppo, fin dalla tenera età, James si ritrovò a vivere in situazione di estrema povertà causata dal lavoro saltuario dei genitori e dalla lontananza del suo villaggio da altri villaggi con servizi sanitari e socio educativi.
Per far fronte a questa situazione, quando James giunse all’età di 9 anni, la sua famiglia decise di portarlo alla St. Mary’s High School per offrirgli un futuro migliore.

James ha accolto fin da subito con entusiasmo questa possibilità di crescere in un ambiente protetto, conoscere altri bambini e studiare insieme a loro per avere la possibilità di fare una vita diversa da quella dei suoi genitori.

James oggi sta completando la prima superiore, parla inglese e partecipa attivamente alle attività extra scolastiche e sportive dell’istituto.
Tutto questo è stato possibile grazie all’opera dei nostri missionari che chiedono oggi il nostro aiuto!

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Per donazioni a favore del nostro progetto a Nuzvid, in India, puoi effettuare un bonifico sul c/c n. 1058 – Banca Intesa San Paolo – intestato ad Assoc. Volontari Dokita onlus
IBAN: IT89 M 03069 09606 100000001058

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Per donazioni a favore del nostro progetto a favore della Scuola di James a Nuzvid in India, puoi usare effettuare un versamento con bollettino postale sul Conto Corrente Postale (CCP) n. 22445001 intestato ad Ass. Volontari Dokita onlus

BAMENDA (CAMERUN) – L’OSPEDALE “IMMACULATE CONCEPTION CATHOLIC POLYCLINIC”

Dokita opera in Camerun da oltre trentacinque anni a supporto delle opere missionarie della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione (CFIC). Dopo i primi progetti volti ad offrire sostegno per la sopravvivenza e l’auto-sviluppo della popolazione pigmea di etnia Baka a ridosso della foresta pluviale equatoriale, abbiamo sviluppato attività dedicate alla tutela delle minoranze e al recupero di persone con disabilità attraverso accoglienza, prevenzione sociosanitaria, centri di riabilitazione fisioterapica, acquisto di attrezzature sanitarie e formazione professionale.

Molti sono stati i progetti portati avanti in questi anni, che hanno dato vita ad opere di cui andiamo orgogliosi e che si sostengono anche grazie all’aiuto di tanti sostenitori. L’ultimo progetto svolto, grazie ad un finanziamento della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ha permesso la costruzione dell’Ospedale “Immaculate Conception Catholic Polyclinic”. L’Ospedale si trova nel quartiere di Njimafor, nelle città di Bamenda nel nord-ovest del Camerun. L’Ospedale, specializzato in attività materno-infantili, è stato concepito per garantire alla popolazione, in particolare a partorienti, madri e neonati, un servizio di qualità e un accompagnamento non solo medico, ma anche umano e spirituale a quanti vivono in una situazione di sofferenza.

Il coordinatore della sede in Camerun di Dokita, Pantaleo Rizzo, responsabile dell’organizzazione generale delle attività del progetto e il responsabile e promotore dell’Ospedale Dr. Leonard Lamfu, religioso della CFIC, hanno lavorato insieme per tre anni per realizzare quello che fino a pochi anni fa era un sogno.

 

Un presidio sanitario in una zona che purtroppo è ancora coinvolta da una lunghissima guerra civile. Una di quelle guerre dimenticate di cui nessuno parla, ma che da anni causa morte e sofferenza. Grazie al finanziamento della CEI, l’Ospedale è nato. Il blocco centrale è stato costruito con una sala d’attesa, la stanza per il triage e la registrazione dei parametri vitali, tre ambulatori medici per le visite, un reparto per la piccola chirurgia, una stanza per l’ecografia, una stanza per l’elettrocardiogramma, un laboratorio analisi e una farmacia per la vendita di farmaci di prima necessità. Il nostro lavoro però non termina qui e siamo già all’opera per trovare nuovi finanziamenti che permettano di supportare l’operatività dell’Ospedale e continuare a potenziarlo con nuovi reparti, attrezzature e personale qualificato. La domanda da parte della popolazione, in particolare più povera, è crescente e stiamo pensando innanzitutto di sviluppare maggiormente il reparto maternità e la radiologia. Per farlo serve soprattutto tanto impegno e fiducia, ma anche il supporto dei benefattori della famiglia di Dokita, che siamo certi sapranno rispondere con generosità anche questa volta.

Emergenza grano: Un problema globale

La guerra in Ucraina, le sanzioni contro la Russia e gli effetti ancora presenti della pandemia hanno fatto schizzare così in alto i prezzi del grano, che diversi Paesi africani hanno cercato alternative, eliminando quasi completamente il grano dalla loro dieta.

Dice un proverbio africano che quando due elefanti lottano è l’erba a soffrire. Questo proverbio trova conferma in questa drammatica situazione mondiale visto che gli effetti della crisi in Ucraina si stanno facendo sentire pesantemente in Africa, dove decine di milioni di poveri tornano a convivere con l’incubo di una carestia.

In diversi paesi dell’Africa, le vendite di legumi e riso stanno crescendo, mentre quelle del grano continuano a scendere vista l’impennata dei prezzi. I produttori stanno utilizzando alternative più economiche per la panificazione, i dolci e la pasta. Così al posto del grano si sta usando il riso locale, la farina di manioca e il sorgo.

Nella Repubblica Democratica del Congo, il governo ha approvato un programma che sostiene la produzione di farina di manioca per fare pane e dolci. Questo potrebbe aiutare il Paese a ridurre la sua dipendenza dal grano importato, che costa circa 85 milioni di dollari all’anno.

Il Camerun importa circa 1 milione di tonnellate di grano all’anno, collocandosi tra i primi acquirenti dell’Africa subsahariana. In risposta all’emergenza, la maggior parte delle aziende alimentari hanno incrementato la produzione di patate.

Insomma, a fronte degli effetti di un conflitto che si continua a combattere in Europa, ma che ha avuto riflessi in tutto il mondo, l’Africa ha cercato di trovare delle soluzioni. Ma ci vorrà tempo, la situazione è difficilissima. Non dimentichiamo, infatti, che tutto ciò sta accadendo in un’area geografica in cui oltre il 40% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.

Secondo uno studio della Banca africana di sviluppo (AFDB), il continente africano perderà fino a 11 miliardi di dollari di cibo a causa del conflitto in Europa occidentale.

L’insicurezza alimentare ha raggiunto livelli drammatici soprattutto nella parte centro orientale del continente, dove, 20 milioni di persone si trovano ad affrontare un’emergenza destinata ad aggravarsi. L’area sta sperimentando una delle peggiori siccità degli ultimi decenni: quattro le stagioni consecutive di piogge mancate. I raccolti sono stati decimati e questo ha portato a due gravi conseguenze: una forte moria di capi di bestiame, principale fonte di sostentamento delle famiglie, e l’inasprimento dei conflitti tra villaggi.

Per molti esperti, l’unica soluzione possibile è il ritorno all’agricoltura locale.

Entro fine anno, 41 Paesi africani su 54 vedranno le proprie valute e il potere d’acquisto deprezzati a causa di una dinamica inflattiva che penalizzerà la ripresa di economie fragili e già sfibrate dalla pandemia. Ma la congiuntura sfavorevole potrebbe anche accelerare le riforme auspicate da tempo, spingendo i leader africani a imboccare con decisione la strada di uno sviluppo più inclusivo, stabile, sostenibile.

Non sarà facile ma sta anche ai paesi più ricchi e a tutti noi di supportare tali processi di sviluppo. Dokita, nel suo piccolo, da decenni promuove lo sviluppo in tali contesti, proprio nell’ottica di una sostenibilità e autonomia futura dei paesi dove opera.

Aggiornamenti

È proprio di queste ore la notizia dell’accordo saltato tra Russia-Ucraina per l’esportazione del grano. Questo comporterà un ulteriore aumento dei prezzi. La Russia, non prorogando l’accordo che era stato trovato alcuni mesi fa, ha bloccato nuovamente l’esportazione del grano ucraino. In Italia non dovremmo avere troppi problemi, la vera crisi la affronteranno i Paesi più poveri che, come detto, sono fortemente dipendenti dalle esportazioni dell’Europa dell’Est.

Progetti Senegal: L’autosufficienza alimentare è possibile

Dokita nel 2016 ha dato inizio alle sue attività in Senegal e nel corso di questi anni ha sviluppato progetti nell’ambito della migrazione, creazione impresa, istruzione ed agricoltura.

Nel 2017 attraverso il progetto “Ponti: inclusione sociale ed economica, giovani donne, innovazione e diaspore” sono stati realizzati corsi di formazione professionalizzanti per ragazzi di età compresa dai 18 ai 30 anni provenienti dalle periferie della regione di Dakar ed è stata elaborata una campagna di sensibilizzazione sugli effetti della migrazione.

Dal 2018 ci stiamo occupando di agroecologia e lavoro comunitario attraverso il progetto “SOUFF – Terra: SOstegno e cosvilUppo per il raFForzamento della comunità di Linguère” che persegue i seguenti obiettivi:

  • contribuire al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione nella regione di Louga, attraverso la promozione del ruolo della diaspora senegalese in Italia e di un modello imprenditoriale e di sviluppo locale sostenibile;
  • incrementare e diversificare le attività generatrici di reddito a favore degli abitanti del dipartimento di Linguère, attraverso lo sviluppo di un agro-sistema che, grazie al coinvolgimento dell’imprenditoria locale e “di ritorno”, integri la protezione dell’ambiente e la lotta alla desertificazione. Il progetto prevede che, le oltre cento famiglie coinvolte nei lavori agricoli, potranno coltivare autonomamente pomodori, melanzane, peperoncini, bissap, fagioli e arachidi, moringa e tanti altri ortaggi al fine di trasformarli in conserve ed essiccati. Al termine, i prodotti realizzati saranno commercializzati nei principali mercati.

 

 

Ma il lavoro di Dokita in Senegal non finisce qui. Negli anni abbiamo sviluppato – grazie all’aiuto della Caritas Italiana e della Presidenza del Consiglio dei Ministri – una serie di progetti finalizzati al miglioramento dell’offerta formativa attraverso i quali è stata realizzata una biblioteca e sono stati rinnovati gli arredi scolastici. Anche attraverso il sostegno di voi donatori siamo riusciti a mantenere attivo giornalmente il servizio della mensa scolastica e quest’anno, grazie al progetto “Un orto per la scuola ‘Foua II’: sistemi di agricoltura integrata per l’autosufficienza alimentare e lo sviluppo locale nella comunità di Ngueniene – Senegal”, potremo dotare la scuola di un orto che permetterà l`autonomia di quest`ultima nella gestione del servizio di mensa e l’introduzione di un percorso formativo riguardo la nutrizione.

Sul tema nutrizione, l’Istituto di Ricerca Agricola Senegalese (ISRA), ha omologato otto nuove varietà di grano che si dividono in due categorie: il frumento tenero, ricco di glutine e proteina per la produzione del pane e il frumento duro adatto soprattutto alla produzione di pasta.

Il suddetto Istituto, ha tenuto ultimamente una conferenza dal titolo: “Il futuro del grano in Senegal”. In questa occasione, ha ricordato che la produzione mondiale si è attestata a circa 770 milioni di tonnellate nel 2021, pari a quasi il 28% della produzione totale di cereali, ben prima del riso. Il Senegal dipende interamente dalle importazioni e i suoi principali fornitori di grano sono la Russia (50,8%) e la Francia (37,9%), a seguire il Canada, la Lituania e l’Ucraina.

Per queste motivazioni, il Ministero dell’Agricoltura Senegalese ha deciso di coltivare grano per ridurre la dipendenza dalle importazioni di questo cereale, ma anche di incorporare i cereali locali nella lavorazione del pane (Pamiblé).

Con l’aumento dei prezzi mondiali del grano, dovuto alla pandemia di Covid-19 e alla guerra tra Russia e Ucraina, l’Africa deve assolutamente ‘trasformare i vincoli in opportunità’ perché solo l’autosufficienza alimentare potrà aiutare il continente ad uscire da questa situazione, rilevando che c’è il potenziale per farlo, grazie alla sua popolazione a maggioranza giovane, alle sue terre e alle sue acque.

In conclusione, il progetto Foua II, ci permetterà di iniziare a lavorare per combattere il fenomeno della malnutrizione e avrà come beneficiari, non solo gli studenti, ma anche le loro famiglie.

La forza per fare tutto questo ci arriva da voi sostenitori che continuate a credere in noi, arriva dai sorrisi e dalle gioie dei ragazzi che il vostro aiuto lo ricevono e non dimenticano di ringraziarci ogni giorno per l’opportunità di cambiamento che riusciamo a dare loro.

Continuate a sostenerci e a seguirci. Un caro saluto dal Senegal.

Le voci dal campo – Padre Leonard Lumfa dal Camerun

In questi giorni abbiamo raccolto la testimonianza di Padre Leonard Lumfa, religioso Concezionista e medico, che gestisce l’ospedale “Immaculate Conception” costruito dalla CFIC a Bamenda, Camerun. Ci ha rilasciato una toccante intervista in cui racconta la situazione della struttura, il drammatico contesto camerunense e le scelte che lo hanno portato a tornare nel suo Paese natale dopo anni di studio in Italia.

 

PADRE LEONARD LUMFA – Concezionista e Medico

– Gentile Padre Leonard, ci può parlare brevemente della sua vita, dei suoi studi in Europa e della scelta di tornare nel suo paese natale?

Un caro saluto a tutti i benefattori italiani. Sono Fratel Leonard, sono camerunense, missionario e medico dei Figli dell’Immacolata Concezione. Mi sono laureato all’università di Tor Vergata a Roma e dopo l’esame di stato ho deciso di tornare in Camerun dove Dokita svolge alcuni dei suoi progetti.
Attualmente lavoro come medico generale nell’ospedale di Bamenda. La città è martoriata da una guerra civile e la popolazione locale non ha la possibilità di acquistare medicine, neanche per i bambini e per le donne incinta. Insieme ad altri religiosi e infermieri facciamo il possibile per fornire supporto e cure al maggior numero di persone. Ho scelto la Congregazione perché ho sempre sentito dentro di me una voce che mi diceva di dover aiutare le persone più bisognose e gli ammalati del mio Paese.


– Qual è il rapp
orto di Dokita con la Congregazione e quanto è importante il nostro supporto?

Grazie a questa collaborazione Dokita riesce a supportare tante persone bisognose, non solo in Camerun, non solo in Africa, ma anche in tanti altri Paesi del Sud America e in Asia. Qui in Camerun fornisce un aiuto fondamentale agli orfani e ai disabili, dando loro nutrimento ed educazione, cose semplici ma che purtroppo non riescono a ricevere dalla propria famiglia. Svolgiamo opere caritatevoli per migliorare le condizioni di vita di chi soffre. Dokita permette a tante persone di buona volontà dei paesi più sviluppati, che non hanno però la possibilità di aiutare in prima persona in questi luoghi, di donare affinché si possa portare supporto ai più fragili. Il sostegno a distanza e le donazioni regolari, ad esempio, sono fondamentali per permetterci di pagare le tasse scolastiche, il cibo e le medicine a tanti bambini. Un modo per essere vicini anche da lontano. Grazie di cuore a nome di tutti coloro che ricevono l’aiuto.


– Quali altri progetti si potrebbero attuare per migliorare le condizioni di vita della popolazione locale?

Tramite Dokita si potrebbero implementare i progetti già in atto per migliorare la vita deli bisognosi soprattutto in questa zona di guerra civile. Servono attrezzature, medicinali, raggi x e strumenti di laboratorio utili per ottimizzare le procedure di diagnostica. Intensificare i programmi di istruzione anche verso i disabili, perché solo con l’istruzione i bambini potranno riscattare la loro condizione. L’autosufficienza passa dall’educazione e dall’insegnamento delle materie fondamentali. Questi sono gli obiettivi che ci poniamo per il prossimo futuro, perché avere un mestiere significa avere il pane quotidiano e sentirsi utili per la comunità e per la società.

 


– Ci parli un po’ dell’ospedale che lei porta avanti?

Si chiama “Immaculate Conception Catholic Medichal Centre” costruito dalla CFIC e si trova a Bamenda, città fulcro della guerra civile, in pochi anni è stato ristrutturato un edificio già esistente ed attualmente ha degli standard molto elevati rispetto agli ospedali della zona. Gli ospiti dell’ospedale sono soprattutto bambini e donne incinta, grazie ad un progetto di Dokita finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana, negli ultimi mesi stiamo ampliando il reparto maternità con l’installazione di nuovi letti e materassi. Tre stanze per la degenza femminile e tre per quella maschile entrambe con tre letti e un’altra con quattro letti per i bambini. Non è tanto grande ed ogni giorno è piena, ma cerchiamo di fare il possibile per accogliere più pazienti possibili. Abbiamo un laboratorio analisi che funziona molto bene e una sala operatoria ben attrezzata dove facciamo interventi chirurgici come ernie e appendicectomia. Ogni mese forniamo assistenza a circa 200 malati, ogni martedì si svolge la giornata di vaccinazione dei bambini e due volte a settimana giriamo per i quartieri per sensibilizzare ed educare alla prevenzione del Covid-19 e di altre malattie. Durante questo periodo di pandemia abbiamo avuto serie difficoltà. Abbiamo i kit per la diagnosi ma non abbiamo lo spazio per poter trattenere ed isolare i malati di covid. Per questo dopo aver diagnosticato la positività li portiamo in un altro ospedale di stato, maggiormente attrezzato per gestire il coronavirus. Nel corso del lockdown sono mancati parecchi rifornimenti di medicinali e di strumentazioni di laboratorio ed è stata molto dura per noi gestire la situazione.


– La guerra civile continua e purtroppo, nel mondo, se ne parla troppo poco. Ci racconta le conseguenze del conflitto sulla popolazione locale?


La situazione sociopolitica è complicata. Racconto brevemente la storia: il Camerun ha due lingue nazionali, francese e inglese, perché durante la colonizzazione una parte è stata colonizzata dalla Francia, French Cameroon, in cui si parla la lingua francese e la restante parte dall’Inghilterra, British Cameroon, più piccola rispetto alla prima in cui si parla inglese. Quando l’Inghilterra decise di rendere indipendente questa parte del Camerun, venne indetto un referendum per rendere il Camerun un unico stato. Possiamo quindi dire che le due parti compongono un unico paese, Il Camerun, in cui la parte anglofona rappresenta il 20%, la francofona la restante parte.
Dal novembre 2016 è in corso una violenta crisi che ha visto un’escalation militare, iniziata quando i cittadini delle regioni secessioniste hanno proclamato l’indipendenza di quello che è conosciuto come British Cameroon ed hanno annunciato la nascita del governo indipendente dell’Ambazonia. Questa decisione ha portato a un immediato scontro tra i separatisti e l’esecutivo di Paul Biya, da anni Presidente del Camerun. Gli scontri, come purtroppo sempre accade in queste situazioni, non hanno risparmiato i civili e neanche bambini e donne incinte.

I gruppi armati continuano a nascondersi nei boschi entrando spesso in città, distruggendo villaggi e sparando senza pietà. Proprio la settimana scorsa ci sono stati 4 morti e il 10 febbraio hanno bruciato una scuola frequentata da più di 200 bambini, per fortuna ne sono tutti usciti indenni. La popolazione non riesce neanche ad essere tranquilla nei mercati o nei terreni di coltivazione e questo comporta la mancanza di cibo e soldi per le famiglie. Tutto questo senza dimenticare che malaria e altre malattie, dovute alla mancanza di acqua pulita, continuano a mietere vittime e che tantissimi bambini non sono mai andati a scuola e l’ignoranza continua a crescere, per questo, qui nella struttura della Congregazione stiamo utilizzando una grossa sala come scuola.

Pochi giorni fa una ragazza stava per partorire durante una delle irruzioni delle bande armate, non potendo venire in ospedale, ci ha chiamato in lacrime. Io e il mio collega siamo usciti di corsa, senza pensare ai rischi, e grazie a Dio dopo circa un’ora la ragazza ha partorito, dando alla luce il piccolo Benin. Dio solo sa cosa sarebbe successo se non l’avessimo portata in ospedale. La situazione era davvero grave, non abbiamo un’ambulanza, ma una semplice macchina e potete capire la difficoltà di portare una donna, a pochi minuti dal parto, in queste condizioni. Purtroppo, non avevamo altre possibilità.

Concludo ringraziando la CEI e tutti voi che sostenete le attività di Dokita dall’Italia, perché è soprattutto grazie a voi benefattori che portiamo avanti la nostra opera. Come medico religioso prometto che continuerò a fare di tutto non solo per curare il corpo ma anche per curare le anime dei nostri assistiti, perché l’uomo è fatto di corpo ma anche di spirito. Continuiamo a pregare nella speranza di essere sentiti dal resto del mondo. Abbiamo bisogno di far sentire il grido del nostro popolo.

Camerun bambina

CAMERUN: LA GIOIA DI CAMBIARE LA VITA DEI BAMBINI

In Camerun essere un bambino disabile significa non avere la possibilità di accedere ai servizi medici e fisioterapici, non poter frequentare la scuola e non poter ricevere un’adeguata assistenza. Il 23% delle persone dai 2 ai 9 anni vive con almeno un tipo di disabilità sopraggiunta a causa di malattie come polio, malaria, lebbra e morbillo.

A causa della mancanza di strutture sanitarie adeguate attrezzate per accogliere bambini con bisogni speciali, la maggior parte dei bambini con fragilità vengono spesso emarginati dalla società e rifiutati anche dalle loro famiglie.

Per questo motivo, noi di Dokita, insieme ai missionari della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, abbiamo deciso di offrire supporto integrale ai bambini disabili offrendogli cure, istruzione e assistenza per l’inserimento nella loro società. Siamo presenti in Camerun dagli anni 70 con tre centri, il Foyer de l’Esperance a Sangmelina, il Foyer Perè Monti di Ebolowa e il Centro Prohandicam di Yandoù e grazie al loro svolto dai nostri missionari e operatori abbiamo aiutato tanti bambini con disabilità.

 

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ALCUNE STORIE A LIETO FINE

 

LA STORIA DI CECILIA

Cecilia, è stata una delle tante bambine ospiti al Foyer de l’Esperance a Sangmelima. È arrivata da Suor Laura, la nostra responsabile del Foyer, con entrambi i piedi ritorti, una grave malformazione congenita che in Camerun è molto frequente a causa della malnutrizione infantile. Grazie a Suor Laura, Cecilia è stata visitata da un dottore e ha intrapreso il suo percorso di riabilitazione per poter iniziare a camminare con le sue gambe. È stata ospite del Centro fino alla fine delle superiori, successivamente ha frequentato l’Università. Attualmente si trova in Polonia dove ha iniziato a lavorare e a vivere autonomamente.

 

 

LA STORIA DI EKOTTO BENJAMIN

Ekotto Benjamin, ha 24 anni. A 5 anni ha perso entrambi i genitori e ha passato la sua infanzia a casa della nonna insieme alla sorella. È arrivato al Foyer de l’Esperance da adolescente con diversi problemi. A causa della malnutrizione ha avuto, fin dalla nascita, forti mal di testa, problemi di attenzione e apprendimento e non riusciva a seguire le lezioni. Al Foyer ha iniziato a frequentare un corso di calzoleria per imparare a riparare scarpe, sandali, ma anche protesi e ausili per le persone con disabilità. Ora Ekotto ha finito il corso e riesce a lavorare autonomamente. Da poco Suor Laura
gli ha offerto uno spazio vicino al Foyer per trasformarlo nel suo negozio personale.

 

 

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Il nostro lavoro per costruire una società più inclusiva per tutti attraverso corsi di formazione, attività ludico-didattiche e sensibilizzazione.

 

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Più di quattro anni fa a Terracina (LT) una nostra collega, insieme ad un gruppo di amici, ha deciso di fare qualcosa di concreto per migliorare la condizione delle persone con disabilità. Grazie a Dokita e ad un bando della Regione Lazio in pochi mesi è stato possibile avviare l’iniziativa “Natur-Ability: percorsi di inclusione a favore di giovani con disabilità nel territorio dell’Agro Pontino”.

Con il progetto Dokita garantiamo un’attenzione a tutto tondo ai ragazzi disabili facendoli integrare nella vita sociale con l’obiettivo di promuovere percorsi di inclusione socio-lavorativa in un’area della regione così ricca dal punto di vista storiconaturalistico e così fortemente caratterizzata da gravi deficit nell’erogazione di servizi basilari alle persone con disabilità. L’obiettivo principale del progetto è stato fin dall’inizio quello di ridurre il grado di emarginazione sociale dei ragazzi con disabilità del territorio e promuovere percorsi di inclusione sociale a loro favore.

Diverse sono state le attività intraprese:

• percorsi di “terapia occupazionale” con attività formative in materia di tecniche agricole e di allevamento con lo scopo sviluppare la capacità di agire del disabile, il miglioramento della sua salute e della qualità di vita, facilitandone la partecipazione alla società.
• laboratori di produzione e trasformazione di prodotti alimentari (confetture, sott’oli, sott’aceti, conserve, etc.), valorizzando prodotti tipici della tradizione gastronomica del territorio pontino.
• Realizzazione di un docufilm sul progetto e di alcuni spot di sensibilizzazione sulle tematiche trattate.

Tutte le attività sono avvenute sotto gli occhi attenti dello staff di progetto: responsabile, psicologa, psicoterapeuta, educatrice, formatore, tutor, assistenti.

In questo articolo vogliamo parlarvi in particolare di un’attività svolta dai ragazzi che ha riscosso un grosso successo sui social. Parliamo dello spot di sensibilizzazione sull’inclusione scolastica di ragazzi con disabilità sensoriale (sordità e cecità). Quello che abbiamo voluto far notare è che la capacità di una società di includere i propri membri più vulnerabili e svantaggiati passa attraverso semplici accortezze come, nell’esempio dello spot, la possibilità di inserire nelle classi un insegnante che conosca la lingua dei segni.

La disabilità è un fenomeno relativo, non assoluto, nella misura in cui una persona è considerata tale a seconda delle barriere, fisiche, culturali e mentali che la società stessa crea o abbatte al fine di rendere la propria comunità più inclusiva e accogliente.

Lo spot, in soli trenta secondi, ci racconta questo: un ragazzo normodotato, arriva in ritardo a scuola, entra in classe e, nel vedere l’insegnante usare la lingua dei segni, non riesce a capire nulla a differenza di tutti i suoi compagni “disabili” che invece capiscono benissimo ciò che la professoressa sta spiegando. A questo punto il ragazzo in difficoltà diventa proprio il normodotato.

Guarda subito lo spot: CLICCA QUI

 

 

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TESTIMONIANZE

“La cosa bella dello spot è stato notare come tutti siamo diversi. Il sentirsi “normale” in realtà dipende dal contesto ed è proprio questo che abbiamo fatto capire ai ragazzi: siamo tutti diversi con le nostre unicità, potenzialità e limiti.” “Lo spot mostra come, con un piccolo accorgimento, ossia la prof specializzata nella lingua dei segni, è possibile includere tutti.” (Sara – Prof dello spot)

“La cosa che mi è piaciuta di piu dello spot è che ti fa capire come è davvero semplice includere tutti. Lavorare con questi ragazzi simpaticissimi è stato emozionante e stimolante. In un certo senso siamo tutti un po’ particolari, io stesso faccio parte dei ragazzi con DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) essendo discalculico” (Gabriele – Attore dello spot)

“Ho trovato un clima davvero familiare, ci siamo divertiti e le ore delle riprese sono volate. Di questa giornata porterò sempre dentro il clima, le risate e i volti dei ragazzi” (Alessandro – Attore dello spot)